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Eremo di Montecasale
Photo © David Butali
Photo © David Butali

Eremo di Montecasale

church
Luoghi della fede

Un luogo ricco di memorie francescane tra i boschi della Valtiberina

Lungo il percorso che attraversava l’Alpe della Luna fino alle Marche, dove si incamminavano i pellegrini, venne costruito nel 1192 un piccolo convento ad opera dei monaci camaldolesi. Il complesso, nel verde dei boschi e tra i ruscelli d’acqua, comprendeva anche un ospedale e un ospizio con la funzione di accogliere i viandanti.

La storia dell’Eremo di Montecasale, nei pressi di Sansepolcro, ha una svolta nel 1213: ceduto a San Francesco dal vescovo di Città di Castello, divenne luogo di primaria importanza per la spiritualità e la tradizione francescana. Qui i frati dell’ordine rimasero fino al 1268, quando vennero sostituiti da una piccola comunità di eremiti che seguivano la regola di Sant’Agostino. Agli inizi del XVI secolo vi si insediarono i frati minori cappuccini, che ancora oggi risiedono qui.

Eremo di Montecasale
Eremo di Montecasale - Credit: Franco Vannini

L’Eremo, per come si presenta oggi, è frutto di restauri rinascimentali. Il complesso conserva ancora tuttavia l’impianto originario caratteristico dei più antichi conventi francescani, con l’accostamento di piccoli edifici legati alle funzioni monastiche. Si tratta di un notevole esempio di architettura povera, fatta di materiali locali e ispirata alla vita semplice dei religiosi.

L’opera d’arte più antica custodita è una pregevole scultura lignea policroma raffigurante la Madonna con Bambino, che si dice sia stata salvata dalle rovine del castello vicino e portata qui dallo stesso San Francesco. Non è però la sola traccia del passaggio del Santo in questo luogo: la pietra sulla quale dormiva, un crocifisso, tre piccole urne contenenti alcune reliquie, due teschi dei tre ladroni da lui convertiti, tutto l’eremo è ricco di memorie francescane.

Scultura della Madonna con Bambino, posta sull'altare maggiore
Scultura della Madonna con Bambino, posta sull'altare maggiore - Credit: Franco Vannini